2020 (2)

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 16 aprile 2020 (ud. 19 dicembre 2019), n. 12348 Presidente Carcano, Relatore Andronio

Con sentenza depositata il 16 aprile 2020, le Sezioni Unite prevedendo una graduazione della risposta punitiva rispetto all’attività di coltivazione di piante stupefacenti, nelle sue diverse accezioni - per cui: a) devono considerarsi lecite la coltivazione domestica, a fine di autoconsumo - alle condizioni sopra elencate - per mancanza di tipicità, nonché la coltivazione industriale che, all’esito del completo processo di sviluppo delle piante non produca sostanza stupefacente, per mancanza di offensività in concreto; b) la detenzione di sostanza stupefacente esclusivamente destinata al consumo personale, anche se ottenuta attraverso una coltivazione domestica penalmente lecita, rimane soggetta al regime sanzionatorio amministrativo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75; c) alla coltivazione penalmente illecita restano comunque applicabili l’art. 131-bis c.p., qualora sussistano i presupposti per ritenerne la particolare tenuità, nonché, in via gradata, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, qualora sussistano i presupposti per ritenere la minore gravità del fatto - hanno affermato il seguente principio di diritto: «il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».

Cassazione Penale, Sezioni Unite, 2 gennaio 2020 (ud. 28 novembre 2019), n. 51 Presidente Carcano, Relatore Caputo

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 51/2020, componendo il contrasto giurisprudenziale in ordine alla portata operativa del divieto di cui all’art. 270, co 1 c.p.p., di utilizzare i risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte, nelle ipotesi in cui dall’attività di captazione, legittimamente autorizzata, siano emersi elementi utili all’accertamento di reati ulteriori rispetto a quelli oggetto dell’originaria autorizzazione, hanno affermato il seguente principio di diritto: «il divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state autorizzate le intercettazioni – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge».

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